L’UNUM NECESSARIUM
Dopo il dialogo tra Gesù e il dottore della Legge, all’interno del quale v’era la parabola del buon Samaritano, Luca racconta l’episodio dell’accoglienza ospitale di Gesù nella casa di Marta e Maria. Le due sorelle riconoscono certamente a Gesù una certa autorità: Marta lo accoglie come un ospite e, pur esprimendo la propria critica, gli chiede un intervento presso la sorella; Maria, invece, lo ascolta come un maestro. Di Marta sappiamo che cosa fa e che cosa dice; essa passa dall’accoglienza di Gesù all’essere tutta occupata e distratta dal suo servizio chiedendo a sua sorella di fare altrettanto. Di Maria invece viene sottolineato quell’essere seduta ai piedi di Gesù, senza pronunciare neppure una parola. Marta accoglie l’ospite e si comporta secondo le regole sociali del tempo. Maria invece quelle stesse regole le infrange, sicché viene a crearsi una situazione straniante che provoca la reazione di Marta e il suo intervento presso Gesù.
Gesù – che nel testo viene chiamato con il solenne titolo cristologico “il Signore” – risponde in modo affettuoso a Marta: “Marta, Marta, ti preoccupi e sei agitata per molte cose”. Tali parole capovolgono la prospettiva di Marta, perché il suo servizio si è trasformato in preoccupazione ed agitazione. L’accento del rimprovero di Gesù non è sul servizio alla mensa ma sull’atteggiamento di dispersione, inquietudine e preoccupazione che caratterizza Marta in tutto il suo fare. Colei che aveva tentato di piegare l’ospite al proprio punto di vista, chiedendo un intervento autoritario nei confronti della sorella, non solo non ottiene ciò che vuole, ma scopre di essere lei stessa oggetto di un giudizio che ne caratterizza l’operato secondo un criterio ben differente.
Gesù dichiara allora che “di una cosa sola c’è necessità” ritornando su quanto Maria ha fatto. Marta parlava a Gesù di sua sorella, interpretandone il comportamento. Gesù, parlando a Marta, reinterpreta quanto ha fatto Maria per chiarire e spiegare qual è la sola cosa necessaria: vivere la priorità dell’ascolto, senza ansia o protagonismi. Ecco perché Luca aveva precisato che Maria “ascoltava la sua parola” (v. 39) invece di dire, con maggiore naturalezza, che “Maria lo ascoltava”. Tale sottile ma sostanziale differenza ci invita a riconoscere che la medesima esperienza di Maria è possibile anche per noi lettori di oggi nella vicenda di fede. Se l’ascolto diretto di Gesù ci è negato, in quanto esperienza legata alla presenza storica del Nazareno, non ci è invece sottratto l’ascolto della sua parola per mezzo della mediazione del testo composto dai quei testimoni divenuti ministri di quella medesima parola. «Questo ascolto della fede – scrive papa Francesco nella sua prima enciclica Lumen fidei – avviene secondo la forma di conoscenza propria dell’amore: è un ascolto personale, che distingue la voce e riconosce quella del Buon Pastore; un ascolto che richiede la sequela, come accade con i primi discepoli che “sentendolo parlare così seguirono Gesù” (Gv 1,37)» (n. 30).