UNA COMUNIONE PROFONDA
Nei pochi e semplici versetti del vangelo odierno, l’immagine delle pecore del buon pastore, che “ascoltano” la sua voce e lo “seguono” per avere da lui la vita eterna e per non andare mai perdute, ci richiama alla mente diverse descrizioni dell’autentico credente. L’accenno alle pecore offre infatti a Gesù l’occasione per specificare, in modo simbolico, il rapporto che i credenti hanno con lui: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono» (v. 27).
Fra Gesù pastore e i suoi discepoli corre una profonda comunione: egli conosce i suoi discepoli come Dio conosce il suo popolo. I discepoli, da parte loro, ascoltano la sua voce, cioè non si limitano a eseguire le sue direttive, ma entrano in profonda sintonia con i valori che hanno ispirato la sua vita e che lo hanno portato a donarsi fino in fondo per loro. Si ricorderà come l’ascolto era una delle caratteristiche più importanti del rapporto tra Israele e il suo Dio (cf. Es 19,8; 24,7; Dt 6,4). Dall’ascolto deriva spontaneamente la sequela (cf. Dt 10,12), che consiste in una vita conforme a quella del Maestro. Gesù è infatti colui che le pecore seguono come loro legittimo e ben conosciuto pastore. Esse hanno dimestichezza con lui da lungo tempo, per cui lo riconoscono subito. Lo conoscono come coloro che sono “sua proprietà” ed hanno fiducia in colui che è venuto e che continuamente ritorna.
La conoscenza che Gesù ha delle sue pecore viene poi ulteriormente specificata: «Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano» (v. 28). L’espressione “dare la vita” indica l’amore che lo ha portato a morire sulla croce (cf. 15,13) e di riflesso la vita nuova che egli dà a chi crede in lui (cf. 6,47).
Questa mutua conoscenza di Gesù e dei discepoli si fonda sull’intimo rapporto di reciprocità fra Gesù e il Padre. Ciò significa che la comunione di Gesù con il Padre è il fondamento della comunione dei discepoli con Gesù, e Gesù è il buon pastore perché dà la vita per i suoi in conformità con il volere del Padre.
Vi è dunque una reciproca comunione di conoscenza e d’amore. «Dio ama ciascuno come fosse l’unico», dice sant’Agostino. Per questo Dio chiama ogni singolo individuo ad essere “figlio nel Figlio”, a entrare in quel giro singolarissimo di rapporti che intercorrono tra il Padre e il Figlio Unigenito in seno alla Trinità.