IL TEMPIO DEL CROCIFISSO RISORTO
È un segno strano quello che indica Gesù, in risposta ai Giudei che lo sfidano, nel vangelo di questa terza domenica di Quaresima: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere. E infatti quei Giudei non capiscono, pensano ad un segno di distruzione, inutile e dannoso. Ma - il vangelo lo dice - Gesù ha in mente un altro tempio, quello del suo corpo. Come capita spesso nel quarto vangelo gli ascoltatori fraintendono le parole di Gesù, in quanto non pensano al tempio escatologico, ma a una ricostruzione materiale del tempio storico, dopo una sua eventuale distruzione, e si meravigliano che ciò possa avvenire nel breve periodo di tre giorni.
Era grandioso il tempio di Erode, come ancora prima quello di Salomone: segno perenne (così si sperava) di una impensabile vicinanza di Dio all’uomo, luogo di preghiera, di espiazione, di festa e di incontro, di unità del popolo. Eppure, anche quel tempio non basta più, e Dio si è mosso altrimenti per mostrare la sua dedizione. Ed effettivamente nell’anno 70 esso sarà raso al suolo dall’esercito di Tito. Se il giudaismo dell’epoca ha pensato di riconoscere e di fissare la presenza di Dio nel dono inalienabile della Legge e in particolare nello studio della Legge, giudicato talvolta superiore alla stessa preghiera, per i cristiani, i quali, dopo la morte di Gesù, avevano continuato a frequentare assiduamente il tempio per la preghiera, è il Signore crocifisso e risorto il vero “Tempio”. Il vangelo suggerisce cioè che ora la nuova «casa del Padre», il luogo dell’incontro con Dio, sia piuttosto da cercare in quel corpo donato, che contempleremo in croce come agnello immolato, a cui «non sarà spezzato alcun osso» (Gv 19,36).
Gesù è dunque il vero segno della presenza di Dio nel mondo, non in opposizione al vecchio tempio, che sarà distrutto per il peccato dei suoi frequentatori, ma come adempimento della promessa di Dio.