IL FONDAMENTO DEL VANGELO
Marco è l’unico degli evangelisti a dare un titolo al suo vangelo. Un titolo che contiene tutto
quanto il lettore andrà a leggere: «Inizio del vangelo di Gesù Cristo Figlio di Dio». Non è la “storia”, non si troverà la “biografia”, ma la “buona novella”, cioè il vangelo, la “buona notizia” di Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Queste nove parole sono la sintesi non solo di tutto il suo Vangelo, ma anche di tutto il Nuovo Testamento. È una “arché”, termine greco che si può tradurre con “principio”, “inizio”, ma anche con “fondamento”, punto solido di riferimento. Fin da subito, come si vede, l’evangelista chiarisce qual è il cardine di ciò che si rivela al mondo come bella notizia: Gesù Cristo, Figlio di Dio.
Il vangelo di Marco è il primo ad essere stato scritto e tenta di mettere un po’ di ordine nel caos di tanti racconti relativi a Gesù di Nazaret cercando di chiarire bene la sostanza del messaggio identificato con la sua persona. Erano infatti passati pochi anni dai fatti della pasqua; tutti parlavano di Gesù, di ciò che era successo intorno a lui, del conflitto che si era prodotto tra lui e i capi degli ebrei; molti gli annunci che si susseguivano, dalle donne agli apostoli, ai discepoli, di averlo visto risuscitato. La “pietra scartata” adesso viene rivista, nel chiarimento portato dall’evangelista, come pietra miliare, pietra angolare su cui costruire tutto il resto.
Al centro del messaggio del vangelo non c’è un comandamento o una promessa, ma questo dato di fatto, che la persona storica di Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio. Per gli uomini egli è il Cristo, il re d’Israele, ossia l’inviato da Dio. Per Dio egli è invece il Figlio amato, in cui si è compiaciuto. Il fatto che questo Gesù sia presso di noi uomini il Cristo, il Figlio di Dio, supera ogni altra ragione di letizia.
Il vangelo è davvero una bella notizia. Il suo inizio è affidato alla predicazione di Giovanni Battista, attraverso il quale, così come era stato promesso dal profeta Isaia, si compie il piano di Dio. È una bella notizia, però, per tutti coloro che si accettano nella propria realtà, per tutti coloro che si riconoscono in una situazione di schiavitù, di peccato e di morte. È per questo che Giovanni predica un “battesimo di conversione”, perché il gesto di immergersi fisicamente nelle acque corrisponde a una confessione, a un’ammissione sincera, pubblica e totale della necessità di risorgere. «Battezzarsi solo nella penitenza - scriveva Tertulliano -, [è sapere] che verrà qualcuno fra non molto che battezzerà nello spirito e nel fuoco, poiché‚ la vera e duratura fede sarà battezzata nell’acqua per la salvezza, ma la fede simulata e debole è battezzata nel fuoco per il giudizio».