L’URGENZA DI DECIDERSI
La pagina di Matteo, che la liturgia ci offre a conclusione dell’anno liturgico nella Solennità di Cristo Re, non ha paragoni negli altri sinottici e presenta diversi titoli cristologici: si parla del Figlio dell’uomo, del Re, del Pastore, del Signore, del Giudice. È dunque una sorta di compendio in cui Cristo, Re e Pastore, viene presentato come il perno della storia, attorno al quale devono maturare tutte le decisioni dell’uomo.
È molto difficile comprendere l’esatto contesto nel quale è articolato il discorso, ma si può a ragione supporre che esso è rivolto non a qualcuno in particolare, ma alla comunità nel suo insieme, all’interno della quale ormai tutti i popoli si sono ritrovati. Siamo messi così di fronte a quelle attività che nella nostra tradizione chiamiamo “opere di misericordia corporale” e che esprimono la riconoscenza del credente per il dono di una presenza reale del Signore nei poveri e genericamente nel prossimo. All’interno di queste “opere di misericordia” si concretizza ciò che è celebrato nella liturgia eucaristica. L’impegno per gli altri fa rivivere infatti ciò che il Signore stesso ha vissuto e nel momento in cui il credente si dà ai bisognosi è il Signore stesso che si offre con lui, mentre nel medesimo tempo riconosce in coloro ai quali egli si rivolge la presenza del Signore che gli chiede il dono del suo amore.
La reazione dei destinatari indica però la difficoltà di compiere questo cammino: «quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito?» (v. 37). La risposta rimanda con semplicità al quotidiano cammino del credente, quasi Matteo volesse parlare della nostra società secolarizzata, dove non si ha tempo per approfondire tutto questo. «Ogni volta - dirà infatti il re - che avete fatto queste cose… l’avete fatto a me». Questa risposta è il tesoro che ciascuno di noi è invitato a portare con sé come viatico per il seguito della propria vita. Ne era convinto Gregorio di Nazianzo, il quale affermava: «se ritenete di dovermi ascoltare in qualcosa, servi di Cristo, e fratelli, e coeredi, visitiamo Cristo, tutto il tempo che ci è possibile, curiamo Cristo, nutriamo Cristo, vestiamo Cristo, riuniamo Cristo, onoriamo Cristo, non solo alla mensa, come qualcuno, né con gli unguenti, come Maria… ma poiché da tutti il Signore esige la misericordia e non il sacrificio, e la cui misericordia supera le migliaia di pingui agnelli, e questa portiamogli attraverso i poveri prostrati a terra in questo giorno, affinché quando saremo usciti di qui, essi ci ricevano nei tabernacoli eterni nello stesso Cristo Signore nostro» (Oratio XIV de pauper. amore, 27 s., 39 s.).