UNA GIUSTIZIA MAGGIORE
Dopo aver parlato dell’irrinunciabile compito dei discepoli, Gesù si presenta come colui che porta la definitiva rivelazione della volontà di Dio. In tale qualità, egli istruisce le folle su quale debba essere il comportamento da tenere nei confronti del prossimo.
In particolare, nella pericope evangelica propostaci dalla liturgia, si possono notare alcune antitesi; tutte cominciano con le parole: «Avete inteso che fu detto»; cioè, vi è stata proposta una certa norma giuridica, vi è stato detto cosa occorre fare per osservare la legge, «ma io vi dico» che tutto questo non è sufficiente. Queste antitesi, come si può notare, sono riassunte molto bene nel v. 20, che può essere considerato il titolo del sermone della montagna e uno dei versetti più importanti di tutto il vangelo di Matteo: «Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli».
Ora, - bisogna riconoscerlo - questa frase di Gesù ci spaventa non poco, perché la giustizia degli scribi e dei farisei era davvero molto grande. Scribi e farisei erano accaniti osservanti della legge, uomini pii e devoti, desiderosi di dare a Dio il giusto e rispettosi nei confronti del prossimo. Ma Gesù dice che ciò non può bastare e attraverso queste antitesi spiega il motivo: non basta «non uccidere», occorre che ogni conflitto non sottragga l’amore dal cuore; non basta «non commettere adulterio», occorre che tutta la sfera della comunione di vita altrui non venga violata in nessun modo; non basta «non giurare il falso», occorre un legame stabile e diretto con la verità, senza il ricorso ad alcuna forma di giuramento.
Parlando di giustizia maggiore Gesù non intende dunque una superiorità nella quantità o nel rigore, ma nella qualità. La vera giustizia, secondo l’evangelista Matteo, è la volontà di Dio. Infatti, l’uomo che non si apre alla potenza di Dio, col solo volersi fare onesto da sé non riesce neppure a raggiungere il limite decente, giusto, di onestà. Ne era convinto S. Agostino il quale diceva: «Chi non ama è privo di motivazioni per osservare i comandamenti».