QUEL PANE SPEZZATO CHE RIVELA CRISTO
La solennità del Corpo e del Sangue di Cristo ci richiama a rinnovare lo stupore, la gioia e il rendimento di grazie per il dono che il Signore ci ha fatto di se stesso nell’Eucaristia; per questo dono che accompagna tutta la storia della Chiesa e la rende e la tiene in un legame vitale con il mistero della Pasqua del Signore, in modo che tutta la storia della Chiesa sia animata e generata dallo Spirito che scaturisce dalla Pasqua di Cristo.
La pagina evangelica ci narra la moltiplicazione dei pani secondo il racconto che ne fa Luca. Il ben noto miracolo che Gesù compie ha come sottofondo alcuni testi del Primo Testamento: il dono della manna (cf. Nm 11,21) e il miracolo compiuto dal profeta Eliseo (cf. 2Re 4,42-44); come un tempo Dio ha saziato il suo popolo, così ora Gesù sazia gli uomini in maniera nuova. E così come avverrà nell’ultima cena, il pane è benedetto, spezzato e consegnato perché sia distribuito alla gente. Per far questo Gesù chiede la collaborazione dei discepoli, i quali devono preoccuparsi del fatto che gli uomini non rimangano una grande massa, ma si raccolgano in gruppi di cinquanta, disposti come per un banchetto. Essi ricevono i pezzi di pane e devono distribuirli a tutti i presenti; dice loro: “date loro voi stessi da mangiare”. Ciò che opera l’agire dei discepoli per incarico di Gesù appare dal risultato: non soltanto tutti i presenti sono saziati, ma rimangono anche dodici ceste di pezzi di pane. Gesù si è preoccupato del bisogno fondamentale di cibo, dandolo in sovrabbondanza, e di questa moltitudine di persone ha fatto una grande, amichevole e gioiosa comunità.
Si comprende come l’agire di Gesù è un segno. Egli non ha il compito di offrire continuamente agli uomini pane per la vita terrena. Il fine della sua missione è offrire il suo corpo e offrendo il suo corpo, Cristo non ci dona qualcosa, o un bene qualunque, ma tutto ciò che Egli è, con i suoi sentimenti, la sua volontà, la sua intelligenza, il suo amore… E anche noi, se intendiamo metterci alla sua sequela, ricorda Paolo, siamo chiamati a “offrire” i nostri stessi corpi come “sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”, perché questo è il vero “culto spirituale” (Rm 12,1-2). E se è vero che questo nostro corpo, con l’incarnazione di Cristo, è stato “consacrato”, allora esso è dono di Dio, è dimora dello Spirito che abita in noi. Ed è in questo nostro corpo che noi dobbiamo glorificare Dio!