IL COMANDAMENTO DELL’AMORE
L’arrivo di Gesù a Gerusalemme segna l’inizio, secondo Marco, di un periodo, durato alcuni giorni, nel quale Gesù svolge un intenso ministero nella città santa: per lo più si tratta di controversie con i rappresentanti dei diversi gruppi che componevano il giudaismo del suo tempo, i quali gli pongono domande sui temi che stanno loro più a cuore. Una di queste domande, posta da uno scriba, è quella che riguarda il comandamento più grande della legge. I farisei infatti, con la loro interpretazione, avevano circondato con una specie di siepe protettiva la legge di Mosè, aggiungendovi continuamente nuovi precetti e proibizioni. Quando più tardi se ne fece il conto, risultarono ben 613 comandamenti di cui 365 erano divieti (quanti i giorni dell’anno) e 248 precetti positivi (quante si credeva fossero le membra del corpo) distinguendo fra precetti grandi e piccoli, difficili e facili. Ci si chiedeva quindi come riassumere in una breve formula tutta la Torah.
La domanda dello scriba: «Qual è il più grande comandamento?» era stata dunque posta con serietà e senza sottintesi. Gesù risponde con uguale serietà, ma anche con sovrana sicurezza. La sua risposta unisce insieme due frasi della Bibbia che, nel Pentateuco, si trovano separate in due scritti diversi. La prima è l’inizio dello Shemà contenuto in Dt 6,4: in questo testo, recitato da ogni pio giudeo nella preghiera quotidiana, viene messa in luce l’unicità di JHWH, come salvatore del suo popolo, e l’obbligo di amarlo, cioè di aderire a lui e di praticare i suoi comandamenti non per opportunismo o interesse, bensì con un impegno che scaturisce dal profondo del cuore. La seconda è invece la citazione di Lv 19,18 dove si prescrive l’amore del prossimo. Nell’Antico Testamento il concetto di “prossimo” era però limitato espressamente ai propri connazionali e ai forestieri residenti. L’amore era quindi negato nei confronti degli empi e dei gentili; nel giudaismo non mancavano voci che addirittura suggerivano l’odio non solo verso costoro, ma anche verso quelli che non appartenevano al proprio gruppo.
I due comandamenti indicati da Gesù, sebbene non siano uniti espressamente nella Bibbia ebraica, coprono in realtà lo stesso campo in quanto ciascuno riassume, sotto angolature diverse, tutta la volontà di Dio rivelata nell’esodo e nell’alleanza. Affermando che non vi è comandamento più importante di questi due, Gesù “relativizza” implicitamente i singoli precetti della legge, la cui osservanza è gradita a Dio solo se e nella misura in cui è richiesta dall’amore e ispirata da esso. L’attuazione dell’amore di Dio in quello del prossimo rappresenta dunque il punto centrale e la sostanza della posizione di Gesù.
I rabbini hanno espresso questo principio con un insegnamento importante che risponde in qualche modo alla domanda “Com’è possibile amare Dio?”. La risposta che danno alcuni maestri è questa: «fare in modo che Dio o, letteralmente, il Nome del Cielo, sia amato per mezzo tuo».