GESÙ, IL MAESTRO CHE APRE LA MENTE E SCALDA IL CUORE
«In quello stesso giorno» - annota Luca introducendo la famosa pagina del vangelo odierno -,
giorno pieno di grandi e incomprensibili esperienze, di emozioni ma anche di dubbi, due pellegrini
si stanno allontanando da Gerusalemme col volto triste, con la percezione di aver sbagliato tutto e di
aver dato fiducia a qualcuno che li ha profondamente delusi. Essi stanno conversando l’uno con
l’altro, quando un misterioso personaggio si avvicina e cammina con loro. L’evangelista dice che è
Gesù, ma gli occhi dei discepoli erano impediti a riconoscerlo. Vedono senza vedere.
Gesù chiede loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il
cammino?». Il racconto è molto ironico e il lettore giustamente si chiede: forse il maestro non
conosceva l’oggetto dei loro discorsi? Tutto questo sembra abbastanza strano, ma – non passi
inosservato – ha una chiara finalità pedagogica. Il maestro certamente conosce quali sono i nostri
timori, i nostri dubbi, prima ancora che glieli presentiamo; eppure ha bisogno di sentirseli
raccontare da noi, ha bisogno della nostra memoria dei fatti.
E i discepoli raccontano quello che riguarda Gesù di Nazareth, che è davanti a loro. Ma il loro
racconto è improntato al pessimismo, perché sopraffatti dalla negatività degli avvenimenti accaduti
intorno a lui. Se tale è lo stato d’animo dei due uomini, l’evangelista sa che tale potrebbe essere
anche quello della comunità più ampia dei discepoli del Signore. Quante volte, in effetti, anche noi
ci siamo ritrovati in questo tipo di condizione: delusi, tristi, amareggiati… «Noi speravamo che egli
fosse…», abbiamo ripetuto. E per uscire fuori da questa situazione occorre una parola forte: «Stolti
e lenti di cuore a credere…»; un rimprovero certo, ma anche un invito alla fede.
Poi, arrivano ad un villaggio; lui finge di voler proseguire il cammino e loro dicono: «Resta
con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Infine, entrano nella locanda, Gesù
prende il pane ed essi lo riconoscono. Allo “spezzare il pane” i loro occhi finalmente si aprono.
Commenta S. Agostino: «Orsù, fratelli, dove volle essere riconosciuto il Signore? Nella frazione del
pane. Siamone certi, spezziamo il pane, e conosciamo il Signore. Non ha voluto essere conosciuto
se non lì; il che vale per noi che non eravamo destinati a vederlo nella carne, e tuttavia avremmo
mangiato la sua carne... L’assenza del Signore non è assenza: abbi fede, ed è con te colui che non
vedi. Quei tali, quando parlava con loro il Signore, non avevano fede: perché non credevano che
fosse risorto, non speravano che potesse risorgere. Avevano perduto la fede, avevano perduto la
speranza. Camminavano morti in compagnia della stessa vita. Con loro camminava la vita, ma nei
loro cuori la vita non era stata ancora richiamata» (Sermo 235, 3).