CUSTODIRE LA TENSIONE VERSO
IL SIGNORE CHE VIENE
Iniziamo con questa domenica un nuovo anno liturgico durante il quale sarà il vangelo secondo Matteo ad offrirci la Parola che guida il nostro cammino di fede. Una delle caratteristiche di tale vangelo è la presenza di cinque grandi discorsi in cui Matteo raccoglie detti di Gesù attorno a temi fondamentali per la vita della chiesa. Riprendendo l’idea del cardinale Martini, possiamo dire che questo vangelo è il vangelo del catechista, del professore. Chi deve insegnare, infatti, prende il vangelo di Matteo per la presenza di questi discorsi, che sono una sorta di manuale e insegnano cosa sia la vita cristiana. Non a caso era il vangelo più utilizzato dalla Chiesa primitiva per diffondere il messaggio cristiano. Era il più utile in quanto conteneva tutto l’essenziale della vita cristiana.
Il tempo di Avvento si apre come di consueto sulla prospettiva del ritorno del Figlio dell’uomo e dunque con un brano tratto dall’ultimo discorso proposto da Matteo, quello escatologico; esso ci offre tre piccole parabole attraverso cui l’evangelista vuole sottolineare l’imprevedibilità dell’ora della venuta del Figlio dell’uomo e la necessità di essere pronti, di vegliare.
Ci incuriosisce forse un po’ il fatto che il vangelo ci presenti la venuta del Figlio di Dio come se fosse un ladro che viene per scassinare la casa; figura questa non certamente gradevole. In secondo luogo non si capisce molto bene la logica: «se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa». E se non lo sa? Deve vegliare perché non sa quando viene. Come a dire, se voi sapete quando viene, state svegli! Se non lo sapete state svegli lo stesso perché viene! In ogni modo, nell’esperienza cristiana è essenziale il “vegliare”, cioè essere attenti e pronti per un futuro nel quale ci sarà il compimento della nostra esperienza, della nostra vita: viene il Signore e la nostra vita raggiunge la sua pienezza.
Occorre dunque rimanere svegli, perché – dobbiamo ammetterlo - una delle tentazioni più grandi, uno degli ostacoli alla vita di fede è quella che si chiama l’abitudine, la routine, la ripetizione di gesti (anche religiosi) senza il cuore, senza la responsabilità, senza l’impegno della libertà, quando la vita religiosa diventa una vita formalista e viene meno la persona, il coinvolgimento della persona. Lo dice bene la Didaché: «Vigilate sulla vostra vita: che le vostre lampade non si spengano e non si sciolgano le cinture dai vostri fianchi. State pronti, perché non sapete l’ora in cui nostro Signore verrà. Radunatevi frequentemente, per cercare insieme ciò che più conta per le vostre anime; a che cosa vi gioverà il tempo vissuto nella fede, se, all’ultimo momento, non sarete trovati fedeli?». Buon Avvento!