“CHE COSA DOBBIAMO FARE?”
Nel brano odierno Giovanni Battista accoglie gente ben disposta, e svolge la funzione di catecheta rivolgendosi a varie categorie sociali: le folle, gli esattori delle tasse, i soldati. L’interrogativo ripetuto, «che cosa dobbiamo fare?», è proprio dell’uomo che ha iniziato a convertirsi e lo udremo di nuovo ripetuto dalle folle dopo la Pentecoste (At 2,37). La risposta del Battista è in tutti e tre i casi centrata sulla necessità di una giustizia che è anche condivisione: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha…», «non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato» e «non maltrattate e non estorcete niente a nessuno…». Sono risposte che si possono riassumere nell’esigenza di amare. Egli non chiede dure penitenze, pratiche ascetiche speciali, non fa discriminazioni di mestiere. Il profeta vuole un’esistenza autenticamente umana; e per questo è il cuore dell’uomo che deve cambiare: non deve pensare di aver concluso il suo cammino di conversione ricevendo il battesimo. Al contrario egli deve continuamente concretizzarlo in un comportamento caritatevole verso i fratelli, soprattutto in un impegno operoso verso i più bisognosi, con la condivisione dei beni e con una condotta retta e onesta nell’esercizio del proprio lavoro
Dalla predicazione morale, Giovanni passa poi all’annunzio che la fonda: la venuta del Signore («viene uno più forte di me, al quale non sono degno di sciogliere il legaccio dei suoi sandali»). Quest’ultimo, in definitiva, è il vero centro della predicazione del Battista e ogni atto di conversione è in realtà un cammino fatto incontro al Signore che viene. Per l’evangelista, il “più forte” è senza dubbio Gesù: egli dà un battesimo che sarà inaugurato il giorno di Pentecoste con l’effusione dello Spirito e l’apparizione delle lingue di fuoco. Gesù ha il potere di comunicare la realtà più alta e più preziosa: lo Spirito, l’eterna potenza vitale di Dio, il contrario di ogni impotenza, debolezza e caducità.
Luca riferisce inoltre che «con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella». Giovanni non era un predicatore di sventura, ma «annunziava la buona novella»: il lettore deve vedere quindi nel compito di colui che Giovanni preannunzia non l’esecutore del giudizio punitivo di Dio, ma il portatore della salvezza promessa dai profeti.