UNA NUOVA CREAZIONE
La pagina evangelica di questa domenica ci presenta Gesù che lascia la zona di Tiro, città della Fenicia, dove aveva guarito la figlia della sirofenicia, passa per Sidone e si dirige verso il mare di Galilea, ma invece di fermarsi in questa regione, si reca nella zona orientale (Decapoli) abitata anch’essa da popolazioni non giudaiche. Qui gli conducono un uomo, che è sordo e sa solo balbettare, perché egli imponga le mani e invochi la benedizione divina su di lui. Tale richiesta mostra chiaramente la fiducia di queste persone nel suo potere, ma credo sia importante notare una serie di gesti attraverso i quali Gesù procede e che manifestano molti aspetti particolari. Più che le parole infatti in questo racconto contano i gesti con i quali Gesù si prende cura di questo malato.
Gesù prende da parte l’uomo e lo allontana dalla folla. Tocca gli organi privi della loro funzione: orecchie e lingua. Guarda il cielo - ad indicare che questo è un segno che viene da Dio e non da un potere umano - manda un sospiro e dice la sua potente parola. Il sospiro di Gesù indica la sua interiore partecipazione allo stato compassionevole di questo malato e l’unica parola che viene detta da Gesù è in aramaico: “Effatà! Apriti!”. Il successo segue immediatamente: l’uomo si apre, può udire e parlare. A questo punto egli impone il silenzio, ma ottiene esattamente l’effetto contrario.
Come si può notare, sullo sfondo del messaggio biblico la guarigione di questo sordomuto ha una forte valenza simbolica. Non per niente quelli che sentono annunciare tale fatto esclamano: «Ha fatto bene ogni cosa!». Chi ha un po’ di familiarità con la Bibbia si accorge subito che questa frase si ispira da una parte al racconto della creazione dove si sottolinea più volte la bontà delle cose fatte da Dio («... e vide che era cosa buona»), e in modo speciale dell’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza («vide che... era cosa molto buona»); d’altra parte queste parole alludono al testo della prima lettura in cui è già presente lo stile e il messaggio del Deuteroisaia: «...si schiuderanno gli orecchi dei sordi... griderà di gioia la lingua del muto»). Per l’evangelista Marco la guarigione del sordomuto, così come un giorno il ritorno dall’esilio, rappresenta una nuova creazione.
Il cardinale Carlo Maria Martini nella lettera pastorale del 1990-1991, “Effatà, Apriti”, scrive che «in quest’uomo, che non sa comunicare e viene rilanciato da Gesù nel vortice gioioso di una comunicazione autentica, noi possiamo leggere la parabola del nostro faticoso comunicare interpersonale, ecclesiale, sociale… Il comunicare autentico non è solo una necessità per la sopravvivenza di una comunità civile, familiare, religiosa. È anche un dono, un traguardo da raggiungere, una partecipazione al mistero di Dio che è comunicazione».