Parrocchia 
Santi Angeli Custodi

Francavilla al Mare - Chieti

XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (MC 4,35-41)

Nella tempesta, fidarsi di Gesù - Punto Famiglia

 

LA PICCOLA BARCA IN BALIA DELLE ONDE

Il racconto della tempesta sedata manifesta Gesù come liberatore. L’esercizio di un potere sul mare è, nel Primo Testamento, una delle immagini principali associate al «Dio liberatore». Il rapporto è evidente. L’episodio della tempesta sedata è un miracolo della manifestazione del mistero di Dio che è presente in Gesù. Attraverso Gesù, Dio opera la liberazione, e la opera come liberazione potente.

I diversi elementi del brano hanno un valore simbolico: il viaggio in barca è uno dei grandi simboli della vita; il mare è figurativo degli ostacoli: attraversandolo, l’uomo s’imbatte nell’impedimento per antonomasia. Nella mitologia babilonese, non a caso, il mare è rappresentato come mostro. Nei salmi è spesso presente, invece, l’immagine di Dio che ne tiene a bada la forza, che ne custodisce le acque affinché non superino il limite che è stato loro fissato; la piccola barca che si muove in mezzo alle onde, e le onde che la riempiono fino quasi a riempirla, richiamano con immediatezza espressiva la condizione del limite umano di fronte alla grandezza delle forze del mondo.

Il mondo è evidentemente più grande di noi: c’era da prima della nostra esistenza e probabilmente continuerà dopo di noi. I suoi elementi sfuggono al nostro controllo, non si lasciano dominare alle nostre attese. È, appunto, l’immagine evocata da quella piccola barca che appare in balia delle onde: è l’unico luogo di sicurezza nell’insicurezza costitutiva rappresentata dal mare, secondo la tradizione biblica.

Mentre la burrasca imperversa, Gesù è a bordo della barca, a poppa, e dorme. Appare ai presenti (e ai lettori) inspiegabilmente impassibile. È questo contrasto che mette in movimento la dinamica del brano e che stimola quella della nostra fede. È una tensione nota, per esperienza, ad ognuno di noi: il silenzio di Dio esattamente quando avremmo bisogno che parlasse ed intervenisse, che si facesse vedere e sentire. «Perché, Signore, ti tieni lontano, nei momenti di pericolo ti nascondi?», recita in apertura il Salmo 10. Il brano è costruito su questo movimento tra paura e fede: la paura del mare – la tempesta, le onde, la morte – e la fiducia in quella presenza che c’è, ma appare non operante.

È proprio la fede, in questo movimento, a rivelarsi oltre la paura di ciò che non tocchiamo con mano: si rivela come forza più grande di ciò che non possiamo controllare. Ed è l’interrogativo impegnato che il brano ci suscita: riusciamo ad avere fede nell’aiuto del Signore anche se sta “dormendo”, se del suo intervento non vediamo immediatamente gli effetti? Nei momenti critici della vita, davanti a bisogni e preoccupazioni, alla minaccia che ci sovrasta, sino alla realtà della morte incombente, riuscire a custodire la fede è segno del nostro rispondere con verità alla sfida del credere.

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