LA GIOIA, DONO DEL CRISTO RISORTO
In questa domenica, ottava di Pasqua, la liturgia ci consegna delle splendide letture. Di esse possiamo considerare due aspetti: l’incontro con Gesù risorto e la gioia come dono pasquale.
Innanzitutto l’incontro con Gesù risorto. Nel vangelo, dopo aver incontrato il Signore Risorto, i discepoli diranno a Tommaso che nel frattempo si era allontanato dal gruppo: «Abbiamo visto il Signore!». Questa espressione è diversa da quella che avevano adoperato i discepoli di Giovanni quando avevano incontrato per la prima volta Gesù. Essi avevano detto: «Abbiamo trovato il Messia!». Entrambe le espressioni rendono in modo efficace il senso del progressivo maturare dell'esperienza di fede, tema centrale di questa seconda domenica di Pasqua: “Abbiamo trovato”: indica la gioia della scoperta, l'intensità del primo incontro, l'attesa e l'aspettativa colmata da Colui che finalmente giunge: il Messia. Un inizio in cui la conoscenza dell’altro è l’irrompere della speranza, al di là di ogni aspettativa. “Abbiamo visto”: indica ora, nel dinamismo dell'amore, che l’esperienza di Cristo si fa più intensa, si percepisce cioè in profondità. Non è più attesa, ricerca, aspettativa, ma rivelazione piena, comunione profonda e definitiva, in cui si accoglie, come afferma l’apostolo Pietro nella seconda lettura, «un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce».
Mi piace, infine, sottolineare un altro aspetto che prendo dal vangelo e dalla seconda lettura. Nel vangelo, ai discepoli timorosi e tristi, Gesù si mostra vivo. L’evangelista Giovanni, a questo proposito, annota qual è la loro reazione: «i discepoli - dice - gioirono al vedere il Signore». Gesù risorto con la sua presenza fa loro dono di una gioia autentica, che nulla può minare. Anche Pietro, nella seconda lettura, parla dei cristiani che già ora sono ricolmi di una gioia che non esita a definire “indicibile e gloriosa”.
Cosa è dunque la gioia secondo il vangelo? La gioia, dono del Signore risorto, è una partecipazione alla sua stessa gioia. Non ci sono due gioie differenti, una per Dio e una per l’uomo. Si tratta sempre, in un caso come nell’altro, di una gioia che affonda le sue radici nell'amore. Questa gioia non sta nell'assenza della Croce, ma nel comprendere che il Crocifisso è risorto.
Tutti indistintamente abbiamo un grande desiderio di felicità. Se tutti amiamo la gioia è perché, in qualche modo misterioso, l’abbiamo conosciuta; se infatti non l’avessimo conosciuta - se non fossimo fatta per essa - non l’ameremmo.
Il Signore ci renda “nostalgici” della gioia. Essa non si descrive, si vive, come tutto ciò che è vero. Non si racconta, si regala. Nulla è più contagioso della gioia. Il possesso, il successo, il potere non possono darla. Essa nasce altrove; è, come abbiamo detto, dono di Cristo risorto.